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L’arte di trovare una compagna secondo gli Oglala
Articolo di William Powers pubblicato sulla rivista HAKO n.5/95
Prima del periodo delle riserve qualsiasi giovane di una certa reputazione in caccia o in guarra poteva cercarsi una ragazza da sposare, un’usanza chiamata dagli Oglala winole (cercare una donna). Le questioni d’amore erano considerate analoghe alle imprese belliche e venivano consultati specialisti per la prescrizione di rituali e procedure appropriati che assicurassero il giovane contro il fallimento. Gli Oglala credevano che gli uomini, come il personaggio leggendario che aveva portato il flauto mistico ai Lakota, fossero pieni di speciali poteri che derivavano dal cervo maschio (hehoka, corna ramificate). I sognatori del cervo spesso recitavano i loro sogni indossando maschere di pelle di cervo per rappresentare la fonte del loro potere. Portavano cerchi e specchi magici per mezzo dei quali potevano “sparare” il loro influsso sulle giovani donne e i giovani spesso convincevano i sognatori a preparare pozioni appropriate che li rendessero desiderabili. Fletcher (1884) e Wisler (1912) hanno descritto i rituali del cervo e il secondo scrive: “Per questo prende la parte biancha dell’occhio di un cervo o parti del cuore, la cartilagine interna della proiezione della nocca o zampa posteriore e la mescola con medicina”
Il cervo (cervus canadensis), il daino mulo (Odocoileus hemonius) e l’antilocapra (Antilocapra americana), gli ungulati da cui dipendevano gli Oglala per la carne e le pelli, sono famosi poligami dato che un cervo maschio talvolta colleziona un harem di sessanta femmmine. Oltre a ciò gli ungulati definiscono il territorio e si attragono reciprocamente per mezzo dell’odore di muschio essudato da giandole collocate vicino agli orfizi orbitali o alle nocche delle zampe posteriori; perciò il bianco dell’occhio e la cartilagine della nocca sono più che appropriati per uno stufato d’amore. Il cuore, naturalmente, era considerato la sede dell’amore tra gli Oglala come nella magior parte delle culture occidentali. L’agressione e il successo in amore non erano soltanto una prerogativa maschile. Si supponeva similmente che le donne promiscue derivassero il loro potere di sedurre gli uomini dal daino mulo e in qualche caso dalla cerva. Nelle Pianure Settentrionali e Meridionali si raccontano ancora comunemente le storie sull’abilità di queste “donne daino” di invitare gli uomini privi di sospetti nella foresta allo scopo di farli impazzire. La cosmologia Oglala afferma che queste donne ricevettero in definitiva il loro potere dal personaggio favoloso Anukite (Doppia Faccia) che era ella stessa dotata di un aspetto bello e uno orrendo. Seduceva gli uomini mostrando loro il lato bello, solo per volgere il volto e rivelare una bruttezza abbastanza potente da portarli alla pazzia o al suicidio (Powers, 1977).
Oltre agli ungulati nel corteggiamento giocavano un ruolo importante anche vari tipi di uccelli. Il picchio dalla testa rossa (Melanerpes erithrocephalus), la gru delle dune (Grus americana) e il gallo delle praterie (Tympanuchus americanus) figurano tutti in modo particolare nei simboli connessi con il flauto da corteggiamento. Creato secondo il mito dal picchio, il vero flauto (tecnicamente uno zufolo) viene scolpito da un ramo di frassino o di cedro in modo che la parte terminale assomigli alla testa di una gru. Oltre a ciò il termine Lakota per il flauto è syotanka, cioè grande gallo di prateria. La scelta del picchio richiede poche spiegazioni. La gru delle dune è chiamata in Lakota pehagila, cioè gru marrone. Il termine generico per gru è pehan, che derivada pe (testa) e han (dritta eretta) e fa riferimento sia alla posizione eretta della gru in volo che al suo collo allungato e a riposo. La scelta della gru come simbolo erotico poggia sul fatto che la trachea allungata si può ritirare nel corpo dell’uccello quando esso è a terra, assomigliando così alla retrattilità del pene umano.
La lunghezza esagerata del pene si trova anche in altri simboli maschili di fecondità, in particolare nelle effigi umana e di bisonte attaccate al palo della Danza del Sole. Il gallo di prateria e altri gallinacei sono notevoli per loro spettacolare comportamento nelle famose arene di corteggiamento. Durante i rituali di accopiamento il gallo di prateria attira la femmina riempiendo d’aria particolari sacche su entrambi i lati del collo ed esalandola per produrre il carateristico richiamo. Analogamente il maschio Oglala che suona il flauto riempie le guance d’aria, imitando così il comportamento dell’uccello. Basandomi su questi esempi, penso che si possa presumere che il potere di ammaliare non si fondasse semplicemente su idee mitiche, ma anche su una comprensione piena della biologia e del comportamento animale che servivano da modello per il comportamento sociale umano.
Così, immerso in un ricco simbolismo, l’uomo Oglala corteggiava la giovane di sua scelta in modo altamente istituzionalizzato. Il termine appropriato per corteggiamento in Lakota è wiyape (aspettare una donna) e si riferisce all’uso per cui un uomo si nascondeva lungo un sentiero che sapeva la ragazza avrebbe percorso per andare a prendere l’acqua. Da questo posto vantaggio egli attirava la sua attenzione strattonandole il vestito mentre lei camminava o lanciandole un sassolino. Uomini più audaci saltavano fuori di fronte alla donna di soprassalto , terminando così l’incontro bruscamente, Le ragazze sovente passeggiavano alla sera per l’accampamento con una chaperon o una parente. Uno spasimante, conoscendo le strade percorse dall’amata, poteva semplicemente fermarla e tentare di parlarle. Un incontro del genere era un segnale per la chaperon che si trovasse un’occupazione un pò in disparte, in modo da lasciare sola la coppia finchè l’uomo non avesse finito di parlarle. Anche se apparentemente soli, gli innamorati non erano mai troppo distanti dagli occhi vigili delle nonne della ragazza, che sedevano in posizione strategica all’interno della tenda in modo da poter seguire il corteggiamento, forse piene di nostalgici ricordi.
L’articolo indispensabile per il corteggiamento era la coperta; la più favorita era la coperta fatta di stoffa di lana commerciale blu, in partlicolare quella decorata con un’ampia striscia ricamata di perline con grandi cerchi ricamati o “rosette” chiamata sino cankohan (coperta con la spina dorsale). Altre coperte erano fatte di stoffa di lana bianca o grigia; occasionalmente veniva usata come sostituto della mussolina bianca. Queste coperte avevano gran valore non solo perchè venivano fatte specialmente per la giovane della sorella maggiore con cui egli manteneva un rapporto basato sul rispetto reciproco. La coperta era indossata “per coprire tutto tranne gli occhi” (Standing Bear, 1933:99) ed era usata per avvolgere la ragazza durante i tête-à-tête. Le ragazze erano spesso avvicinate da parecchi giovani alla volta ed esisteva una regola non scritta per le conversazioni dovevano essere ridotte all’essenziale per concedere ad ogni spasimante tempo uguale. Un giovane che monopolizzasse il tempo della donna poteva essere rimproverato da quelli che aspettavano nei pressi e, se lui li ignorava, poteva ricevere uno schiaffo in testa da un cortegiatore ansioso. Durante le fasi iniziali del corteggiamento la conversazione era educata; se la ragazza mostrava interesse, le conversazioni successive potevano vertere sul matrimonio o sulla fuga d’amore. Una ragazza doveva esercitare un certo autocontrollo durante queste conversazioni. se parlava avventatamente, il giovane, specialmente un amante “piantato”, poteva usare le sue parole come base per una canzone d’amore. Il termine per una canzone d’amore è wioste olowan.Wioste viene da owesti, che significa parlare in modo stereotipato , oppure alla leggera o anche insultante. Anche se erano composte e cantate da uomini il linguaggio delle canzoni d’amore era famminile per forma e contenuto (ci sono delle leggere differenze linguistiche tra uomo e donna in Lakota). Così il giovane cantava come se fosse stata l’amata a parlare, talvolta in una imbarazzante parodia dell’intimità degli amati. Molte canzoni d’amore si riferiscono ai rapporti tra cognati prima che il marito morisse e il fratello ne sposasse la vedova (leviterato). Per esempio ecco una canzone che ho raccolto nel 1966: Mi hai fatto piangere/cognato, perchè hai parlato di me e hai dato inizio a tutti questi pettegolezzi?/ cognato, anche se ero sposata, ti amavo/ ma mi hai fatto piangere./ Perchè hai parlato di me e dato inizio a tutti questi pettegolezzi?
Gli Oglala moderni lamentano la scomparsa della antiche usanze di corteggiamento; i giovani si incontrano e si sposano in fretta, così dicono vecchi. Oggi è provabile che i giovani si incontrino fuori dalla riserva a scoula o in città. Malgrado alcuni degli antichi usi siano cambiati, però, l’arte del corteggiamento non è del tutto dimenticata.
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